Cento sfumature di rosa. La strategia elettorale delle donne in carriera.

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di Emiliana De Santis

Neo mamme, ministre single in cerca di compagnia, super top manager dell’altro mondo. Vengono da Marte e non da Venere le donne del Governo Renzi: scelte obbligate dai passaggi elettorali o forse rivincita del secondo sesso. In un Italia che non approva le quote rosa ma che titola quasi ogni ora storie di ordinaria follia contro le donne, la bussola del buon senso appare smarrita tra i manifesti elettorali e le copertine di Vanity Fair.

quote rosaPer una storia tenera come quella del ministro Marianna Madia, aspramente criticata da tutte le fashion blogger dell’ultima ora per l’uso delle ballerine durante il giuramento, ne abbiamo una triste, una confessione struggente da parte di un altro ministro in quota Pd, Maria Elena Boschi, che ha platealmente  – chapeaux – espresso una certa solitudine. La prima ha appena avuto una bambina, porta avanti una riforma di non poco conto e delle critiche modaiole risente ben poco. La seconda è assediata dai media, rea non confessa o innocente sottaciuta di strane trame di palazzo che ben poco hanno a che fare con il suo operato per le riforme costituzionali. Ma si sa, questo è il destino delle donne che nel nostro Paese fanno politica. Senza entrare nei dettagli del fascino e dell’avvenenza, gusti sui quali ben poco si può criticare, la questione attiene a un forte senso di sociologico smarrimento. Eredi di un passato non troppo lontano – in Italia il delitto d’onore è stato abolito nel maggio 1981 – attori non protagonisti di un presente che non lascia molta immaginazione e del quale non si può sempre accusare il solito misero Ometto, ci barcameniamo tra la forte esigenza di garantire alle donne il meritato posto e quello di non creare inversi pregiudizi.

Sorvolando il classico tema oggetto del dibattito – se vita privata e lavoro siano o meno conciliabili per una donna – quella cui si assiste è più che altro una forzatura in rosa, una campagna costruita ad hoc per veicolare un messaggio ben lontano dalla vita quotidiana. Le recenti nomine per le società pubbliche ne sono una prova: Emma Marcegaglia in Eni, Luisa Todini in Enel e Patrizia Grieco in Poste. Tutte presidentesse, nessun amministratore delegato. Un po’ come la differenza tra il Capo dello Stato e il Capo del Governo. Qualcuno ci rappresenta, qualcun altro ci gestisce. E allora, perché solo un sembiante, perché apparenza in cambio di un plauso che si spegne dietro il siparietto della popolarità e delle urne?

Sappiamo quante donne rappresentano l’Italia nel mondo? Solo nove sono a capo di una sede permanente all’estero su un totale di 132 missioni. Quante le disoccupate? Il tasso di disoccupazione femminile è del 13,6 per cento, stabile nel confronto congiunturale ma in crescita dello 0,6 per cento su base annua. Quasi un punto in più rispetto agli uomini. E di quanto è minore la percentuale di retribuzione rispetto agli uomini? La differenza generale è di circa il 27 per cento. Scostamento determinato in prima battuta dal differente inquadramento, ossia dal fatto che sono poche le donne che riescono ad accedere alle categorie professionali più alte e quindi alle relative migliori retribuzioni. Tuttavia la differenza compare con forza anche all’interno delle stesse categorie.

Rita Levi Montalcini, in un’intervista realizzata in occasione del suo centesimo compleanno, dichiarò: “All’inizio la decisione di iscrivermi all’università fu contrastata da mio padre che aveva deciso che noi tre figlie femmine non seguissimo la carriera universitaria. Dovette poi arrendersi di fronte alla mia ferma decisione. E’ stato l’unico momento nel quale essere donna mi è sembrata una sgradevole realtà. Durante il periodo delle leggi razziali ho avuto difficoltà ma non sono mai stata pessimista, per me l’ottimismo è stato sempre più forte della paura. Una volta inserita nel mondo accademico non ho avuto alcun problema con i colleghi maschi.” Smettiamo dunque di avere paura, di crogiolarci dietro una legge, un pregiudizio, una prima pagina. Riprendiamoci l’ottimismo, la felicità dell’essere ciò che siamo, in ogni senso e con tutta la dignità di cui siamo capaci.

Alcuni diritti riservati a Anel Rosas

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