30 aprile, l’anniversario della morte di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Il ricordo di due grandi uomini

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di Marta Silvestre

Il 30 aprile del ­­­­1982, a Palermo, vengono uccisi Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

Il primo era stato segretario regionale comunista, dirigente delle lotte contadine, deputato all’assemblea regionale siciliana e al Parlamento, dirigente nazionale del partito comunista italiano. Rosario Di Salvo aveva accettato di collaborare con lui, assumendosi l’impegno di militante comunista pur conoscendo i pericoli a cui andava incontro.

Pio La Torre era nato il 24 dicembre del 1927 ad Altarello di Baida, una borgata di Palermo.

Sin da giovane, aveva fatto maturare il proprio interesse per la giustizia sociale e si era fortemente impegnato a lottare per i diritti dei più deboli e dei meno abbienti contro lo sfruttamento e lo strapotere dei ricchissimi proprietari terrieri. Già nell’autunno del 1945 inizia il suo serio impegno politico iscrivendosi al Partito Comunista e costituendo una sezione del partito nella sua borgata.

Il periodo che va dal 1945 al 1950 è particolarmente caratterizzato dalle lotte per l’effettiva applicazione dei decreti previsti dalla legge Gullo – che conteneva dei provvedimenti legislativi emanati dall’allora ministro dell’agricoltura del governo Badoglio – che garantivano ai contadini maggiori diritti e più vasti appezzamenti terrieri da coltivare. Il democristiano Antonio Segni, che fu il successore al ministero, praticamente svuotò di contenuto queste norme e i proprietari terrieri si rifiutarono di riconoscere la legittimità di queste norme; questi atteggiamenti fecero nascere, soprattutto nel Meridione, la richiesta di una effettiva riforma agraria e fecero scatenare un’ondata di proteste popolari che si concretizzarono nelle occupazioni delle terre incolte da parte dei braccianti agricoli esasperati dalla povertà e dalle sopraffazioni.

Pio La Torre – divenuto, nel 1947, funzionario della Federterra e, successivamente, responsabile giovanile della Cgil e responsabile della commissione giovanile del PCI – partecipò attivamente a queste proteste, lanciando lo slogan ‘La terra a tutti’.

La protesta prevedeva il censimento delle terre giudicate incolte o mal coltivate e l’assegnazione, in parti uguali, a tutti i contadini e braccianti che ne avessero necessità.

Il 10 marzo del 1950, durante un corteo del movimento dei contadini a Bisacquino, La Torre viene ingiustamente arrestato, perché accusato di aver colpito il tenente Caserta con un bastone, e condotto al carcere dell’Ucciardone di Palermo.

Rimane in carcere per circa un anno e mezzo; fu scarcerato il 23 agosto del 1951 poiché, durante le dieci udienze del processo, fu messo chiaramente in luce che le accuse del tenente erano false.

Nel 1952 assume la carica di dirigente alla Camera confederale del lavoro ed è l’organizzatore di una numerosa raccolta di firme per la campagna universale a favore dell’appello di Stoccolma, lanciato dal movimento internazionale per la pace, che chiedeva la messa al bando delle armi atomiche.

Nel 1972 viene eletto al Parlamento e fa parte delle Commissioni Bilancio e programmazione Agricoltura e Foreste, ma soprattutto della commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia.

La Torre, insieme al giudice Cesare Terranova, redasse e sottoscrisse la relazione che metteva in luce i legami fra la mafia e importanti uomini politici, in particolare della Democrazia Cristiana.

“La compenetrazione” sosteneva La Torre “è avvenuta storicamente come risultato di un incontro che è stato ricercato e voluto da tutte e due le parti, mafia e potere politico. La mafia è quindi un fenomeno di classi dirigenti”.

Alla relazione egli aggiunse la proposta di legge “Disposizioni contro la mafia” tesa a integrare la legge 575/1965 e a introdurre un nuovo articolo nel codice penale, il 416 bis, che introduceva il reato di associazione mafiosa, stabiliva per gli arrestati la decadenza della possibilità di ricoprire incarichi civili e, soprattutto, l’obbligatoria confisca dei beni direttamente riconducibili alle attività criminali portate avanti dagli arrestati.

Pio La Torre non aveva paura di fare chiaramente i nomi e i cognomi dei conniventi e dei collusi politici – a tale proposito, sono noti i suoi giudizi su Vito Ciancimino, assessore ai lavori pubblici del comune di Palermo dal 1959 al 1964 e, poi, sindaco del capoluogo siciliano fino al 1975.

Nel 1981, in un momento storico in cui la strategia mafiosa di intimidazione dei rappresentanti più impegnati nelle azioni di contrasto alla mafia era al massimo fulgore, Pio La Torre decide di tornare in Sicilia.

Negli anni precedenti erano stati uccisi illustri rappresentanti dello Stato come il giudice Cesare Terranova (il 25 settembre del 1979), il procuratore delle repubblica Gaetano Costa (il 6 agosto del 1980) e il presidente della regione Piersanti Mattarella (il 6 gennaio del 1980).

Al ritorno in Sicilia, La Torre intraprende la sua ultima battaglia: quella contro l’installazione dei missili nuclari della Nato nella base militare di Comiso, in provincia di Ragusa.

Il 30 aprile del 1982, alle nove del mattino, Pio La Torre insieme a Rosario Di Salvo sta raggiungendo in auto la sede del partito. Alla macchina si affiancano due moto di grossa cilindrata e alcuni uomini, con il volto coperto dal casco, sparano decine di colpi contro i due: La Torre muore sul colpo, invece Di Salvo ha il tempo di estrarre la pistola e sparare alcuni colpi per tentare di difendersi.

Il 12 gennaio del 2007, la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha emesso la sentenza che ha condotto all’individuazione degli autori materiali dell’omicidio: Giuseppe Lucchese, Nino Madonna, Pino Greco e Salvatore Cucuzza. Quest’ultimo, divenuto collaboratore di giustizia, ha permesso di ricostruire anche il quadro dei mandanti: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci.

La causa determinante della condanna a morte inflitta a Pio La Torre è stata individuata nel suo instancabile impegno antimafia.

Quattro anni dopo la sua uccisione, nel maggio del 1986, è nato ad Alcamo il centro studi e iniziative culturali “Pio La Torre” con la missione di valorizzare il patrimonio ideale e politico messo in pratica da questo grande uomo.

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