L’omicidio dimenticato di Filomena Morlando, usata come “scudo umano” da bande camorristiche

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Cadesti a terra senza un lamento

e ti accorgesti in un solo momento

che la tua vita finiva quel giorno

non ci sarebbe stato ritorno.

La guerra di Piero, De André.

di Marta Silvestre

E’ il 17 dicembre del 1980, a Giugliano – uno dei più popolosi centri a nord di Napoli – sono da poco passate le 18.30, e Filomena Morlando – una ragazza di appena 25 anni – sta andando a piedi in lavanderia con una busta di panni sporchi da far lavare, ad appena un centinaio di metri  da casa sua. Percorre un vialetto che porta fino allo spiazzale antistante la chiesa di Sant’Anna, assorta nei suoi pensieri sparsi. Forse le viene in mente il pranzo del giorno di Natale che arriverà di lì a poco e che sta organizzando insieme alla sua famiglia, forse immagina il giorno in cui si sposerà, forse pensa al concorso per essere assunta come maestra di scuola elementare o, più semplicemente, pensa alle faccende domestiche di cui deve quotidianamente occuparsi e al bucato da lavare.

Improvvisamente, il flusso dei suoi pensieri viene bruscamente interrotto e ha un soprassalto. Molte volte, Filomena ha sussultato sentendo il rumore violento e secco dei mortaretti sparati, per strada, abitualmente e a bizzeffe, dai ragazzi per celebrare con gioia il periodo delle festività di Natale e di fine anno. Per Filomena, quel rumore non è associato all’esplosione della festosità, piuttosto alla paura o probabilmente alla minaccia di una sparatoria. Questa volta, il rumore della polvere da sparo che esplode percuote nuovamente l’aria e Filomena sussulta ancora.

Questa volta, però, non si tratta di mortaretti e la paura di Filomena si concretizza.

Non ha nemmeno il tempo di capire bene, di accorgersi di quello che sta succedendo, si ritrova fra due fuochi in mezzo a una sparatoria tra due bande camorristiche rivali. Sbarra gli occhi, non fa in tempo a scappare e a mettersi in salvo e viene usata come ‘scudo umano’ dal pregiudicato preso di mira Francesco Bidognetti che ne esce illeso e la fa franca, e che in futuro diventerà uno dei capi del clan dei casalesi.

Su questa assurda morte sono circolate versioni infamanti e per liquidare la vicenda si disse che Filomena era stata ammazzata per motivi passionali. Nonostante le numerose indagini, l’omicidio di questa ragazza – alla quale è stato riconosciuto lo status di vittima innocente della camorra, dopo una lunga battaglia da parte dei suoi familiari – non ha mai avuto soluzione giudiziaria. 

Lentamente il suo ricordo rischia di sbiadirsi, mentre bisognerebbe sempre impegnarsi per restituire la dignità a ogni vita strappata dalla violenza mafiosa. Solo dopo trent’anni, l’amministrazione comunale le ha dedicato una strada in un luogo isolato e poco frequentato.

La memoria è qualcosa che non possiamo permetterci di perdere.

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