Pittella: “Il Mezzogiorno torni al centro dell’agenda politica” – INTERVISTA

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di Fabio Grandinetti

Alle primarie non ha certo sfondato ed è fuori dalla rosa dei tre candidati che si sfideranno il prossimo 8 dicembre per la guida del Partito Democratico ma Gianni Pittella ha certamente le idee molto chiare su quello che serve al Paese e al partito. E come ha dichiarato a Mediapolitika la scorsa settimana, prima di essere certo della sua esclusione dal prossimo turno delle primarie, una sua sconfitta non lo allontanerà dal Partito Democratico, anzi.

Pittella, qual è secondo lei la priorità del PD?
Cambiare fase all’economia e alla situazione sociale del Paese. Oggi viviamo una situazione economica drammatica, con una crescita pari allo zero e un calo dei consumi preoccupante. Una situazione sociale drammatica: 4,6 milioni di indigenti, 6 milioni di persone che vivono con meno di 500 euro al mese, disoccupati, “invisibili”, vale a dire quelle persone che a 50 anni perdono il posto, esodati, precari. Tutto questo è l’indice di una sofferenza sociale profonda. A questo deve dare risposta il PD. Deve essere il partito che, riconoscendosi negli ideali dell’equità, dell’uguaglianza e della libertà, dà una risposta innanzitutto ai più deboli, che oggi rappresentano il 90% della società italiana. È per questo che io lancio la proposta della patrimoniale sulle grandi ricchezze, non sul ceto medio. Quando dobbiamo chiedere a questi ricchissimi un contributo per recuperare questa profonda ingiustizia che esiste nella società italiana?

I proventi derivanti da una tassa patrimoniale come potrebbero essere investiti sul lavoro
Riducendo le tasse sul lavoro e sulle imprese. Oggi in Italia c’è la più alta tassazione d’Europa. E l’anomalia italiana è che si tassa di più la produttività manifatturiera che la speculazione finanziaria. È assurdo. Un imprenditore spende in tasse tutto quello che guadagna, le banche non gli fanno credito facilmente e a livello europeo e mondiale c’è una competizione in molti casi sleale. La prima cosa da fare, quindi, è avere un po’ di soldi per ridurre le tasse alle imprese e sul lavoro.

Nel caso in cui non dovesse essere eletto, qual è il suo futuro all’interno del partito?
La mia battaglia iniziata col congresso andrà avanti. Con gli amici e con i compagni che mi stanno sostenendo costituiremo un punto di vista politico e culturale all’interno del partito, non all’insegna del fare corrente, ma all’insegna del portare un contributo su tre questioni: come cambiamo l’Europa in senso politico e in senso sociale, come riportiamo il Mezzogiorno al centro dell’agenda politica, come costruiamo un partito che sia realmente solidale e europeo.

A proposito di Europa, cosa pensa del giudizio negativo arrivato ieri sulla manovra italiana?
Da una parte il governo non è riuscito a fare una manovra efficace per non scontentare la Commissione Europa, dall’altra la Commissione Europea gli chiede di cambiare la manovra perché sforerebbe il 3%. La verità è che bisogna chiarire con forza con il commissario Olli Rehn che questo 3% è una corda che sta strangolando l’Italia e l’Europa, e che non possiamo andare avanti con questa dottrina dogmatica per la quale un numerino decide le sorti di intere comunità. Si deve cambiare questo parametro e ottenere almeno che da questo 3% vengano esclusi gli investimenti.

In chiusura, come giudica il rapporto tra Unione Europea e regioni del Sud e cosa pensa dei fondi strutturali e delle “incapacità” di spesa di cui ci siamo resi protagonisti?
L’Europa ha dato un contributo notevolissimo nel Mezzogiorno d’Italia, innanzitutto con i fondi strutturali. Spesso questi fondi non sono stati spesi né tutti né bene per una serie di motivi. Sicuramente per il patto di stabilità che prevede il cofinanziamento. Ma ci sono stati due errori di fondo: il non aver concentrato la spesa su grandi assi di intervento ma l’aver scelto di polverizzarla per fare clientela, e il non aver potenziato efficacemente la macchina amministrativa regionale con figure giovani, con europrogettisti, con persone competenti. Grazie al nostro lavoro in Europa, le regioni del Sud avranno ancora circa 26 miliardi di euro per i prossimi 7 anni. Se qualcuno è così stolto da ripetere questi errori andrebbe politicamente fucilato.

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