Scoppia il caso Cancellieri-Ligresti mentre in carcere si contano 50 suicidi all’anno

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di Fabio Grandinetti

I fatti di cronaca giudiziaria e politica della scorsa settimana ci riestituiscono l’immagine del nostro Paese, dell’inuguaglianza che lo affligge e della sua situazione penitenziaria. Proprio mentre si apprendeva che la famiglia di Stefano Cucchi verrà risarcita per una somma pari a 1 milione e 340 mila euro, sui giornali scoppiava il caso Cancellieri-Ligresti. Nomi diversi, casi diversi. Il primo è quello di un ragazzo di 43 kg trovato in possesso di hashish, processato per direttissima, detenuto in custodia cautelare, trasportato all’ospedale Fatebenefratelli di Roma con numerose ecchimosi, escoriazioni diffuse e l’infrazione di una vertebra, e morto ad una settimana di distanza presso la sezione carceraria dell’ospedale Sandro Pertini, che dovrà provvedere al risarcimento. Il secondo caso è quello di una donna, Giulia Maria Ligresti, condannata per falso in bilancio aggravato e manipolazione del mercato nell’ambito dell’inchiesta FonSai, detenuta dallo scorso luglio con problemi di anoressia, per la quale il ministro della giustizia si muove in prima persona per richiederne la scarcerazione. D’accordo, di detenuti e di pazienti eccellenti ce ne sono in tutto il mondo e lo stupore sarebbe sinonimo di ingenuità e forse di ipocrisia. Fatto sta che il caso, più che mai beffardo, ha voluto consegnarci le due vicende l’una vicino all’altra sulle pagine dei giornali nei giorni scorsi.

Al centro del dibattito politico si trova, ovviamente, il ministro Cancellieri che, come noto, ha contattato il Dipartimento di amministrazione penitenziaria per “segnalare” la posizione della Ligresti dopo aver rassicurato la famiglia di costruttori in una telefonata di cui è stato reso noto il contenuto. «Non ho intenzione di dimettermi – ha dichiarato il ministro – sono serenissima e tranquilla, pronta a rispondere a qualunque domanda. Il mio è stato un intervento umanitario, mosso da un detenuto che poteva morire. Se fosse morta cosa sarebbe accaduto? Se Giulia Ligresti si fosse uccisa, non avrei avuto responsabilità?».

Beh, dal 2002 ad oggi ogni anno avvengono circa 50 suicidi nelle nostre carceri e quasi 100 detenuti muoiono per varie cause, in molte situazioni non adeguatamente accertate. Solo quest’anno 42 persone si sono tolte la vita in cella e nessuna delle famiglie coinvolte ha potuto telefonare al ministro. Se quanto affermato dalla Cancellieri fosse vero, martedì prossimo in Parlamento dovrebbe riferire delle 42 morti di cui, secondo il suo ragionamento, sarebbe responsabile in quanto ministro. Non è in gioco la responsabilità personale di Anna Maria Cancellieri, né si tratta di dare giudizi sulla sua integrità morale. Ciò di cui dovremmo discutere è la responsabilità istituzionale di un ministro della Repubblica. All’opinione pubblica italiana non  può e non deve interessare la responsabilità del proprio ministro della giustizia verso Giulio Ligresti e famiglia, ha già troppi pensieri per la testa.

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