Appunti di viaggio- Incontrando un italiano medio a Verona

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di Lucia Varasano

Verona è una città vivibile. Lo dico col cuore in mano. L’ho rimesso dentro poche volte durante il soggiorno mio e della mia amica Berta tra la prima e seconda decade di ottobre 2013.

L’ho rimesso dentro quando il sign.Zeffirino del B&B mi parlava degli stranieri come se fossero parassiti e io collegavo il suo pensiero a quel pregiudizio che vede il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, come l’incarnazione del razzismo e che omologava quel pregiudizio allargandolo erroneamente a tutta la popolazione veronese. Diciamo anche che forse quello nei confronti di Tosi non è proprio un pregiudizio anche se qualcosa di buono sembra averlo fatto stringendo la mano alla Kyenge!

La prima sera del nostro soggiorno coincideva tra l’altro con la prima data del concerto di Gianni Morandi all’Arena, di cui non ci poteva fregare granché, anche se al momento delle prenotazioni ci rodeva parecchio sapere che le tariffe aumentavano in caso di spettacoli di tale calibro. In realtà aumentavano anche perché proprio il 9 i Modà sarebbero stati lì, a portare il loro “Gioia tour”, e potete immaginare dunque che il nostro sdegno cresceva in maniera esponenziale.

Ebbene, tornando a quella sera, Verona dai nostri primi passi ci sembrava davvero multietnica, il primo bar all’angolo era di proprietà di un’imprenditrice cinese, dalla destra alla sinistra, pakistani, arabi e indiani rimanevano aperti fino a notte inoltrata. E mentre passeggiavamo ci sovvenivano le parole del buon Zeffirino, che teneva sempre a precisare: “Non è che io sia razzista, però…

In un suo ultimo discorso ci parlava di come si fosse abbassato il valore di quelle case nel corso principale, quello dove ci sono i pakistani, arabi, cinesi eccetera. E poi aggiungeva: “Eh ma fortunatamente abbiamo il sindaco che…..” e seguiva gesto che possiamo tradurre in parola come: “gli sta dando mazzate tra capo e collo”.

Noi, che non siamo per niente razziste e che crediamo di aver conosciuto uno dei rappresentanti non di Verona ma dell’Italiano medio, in realtà non abbiamo bisogno di precisazioni. Berta una mattina (prima di pagare e lasciare il B&B) s’infuriò e si contenne, come si contiene nei giudizi una che non ha ancora pagato il conto e teme l’ennesimo salasso.

Il tema era la cancellazione del reato di clandestinità. Zeffirino le aveva appena chiesto se la riteneva una norma giusta aggiungendo tutte quelle tipiche frasi sempre dell’italiano medio: “ma non c’è lavoro per noi”, “ma non ci sono case per noi”, “ma non possiamo fare una manovretta a causa loro”. Noi e loro. Noi e loro era una costante, come la panchina che qualche incivile ha sporcato per dividere lo spazio destinato ai “bianchi” dallo spazio destinato ai “colorati”.

Togliendo questi esempi di inciviltà  sparsi per tutta l’Italia, Verona è davvero una delle più belle città italiane. Castelvecchio, l’immensa scalinata con arrivo al belvedere da cui si può ammirare la città dall’alto e seguire il corso dell’Adige, le targhe che ricordano le insurrezioni popolari che passarono alla storia come le “Pasque Veronesi” e l’immancabile “Museo Casa di Giulietta”, un palazzo d’impianto medievale che fu sin dal 200 sede della famiglia Dal Cappello, da cui il nome Capuleti della famosa opera shakespeariana.

Giulietta dei Capuleti è oggi una storia insozzata dalle gomme da masticare che campeggiano dietro la statua della poveretta e della sua tetta destra che, come se non bastasse, deve sorbirsi l’estenuante strofinamento – rito portafortuna dei turisti- manco fosse la Lampada di Aladino. Un merchandising di tutto rispetto tra cuori, lucchetti, tazze, ombrelli, e ovviamente tette portafortuna solo in pochi si fermano a scorgere le parole di Shakespeare dell’atto II della scena II riportate su una targa: “Ma quale luce apre l’ombra, da quel balcone? Ecco l’oriente e Giulietta è il sole” .

C’è solo una cosa che abbiamo rifiutato categoricamente di visitare, le Chiese. Qui le più belle e principali- Duomo di Verona, Chiesa di San Fermo e Rustico, Chiesa di Sant’Anastasia, Basilica di San Zeno- sono tutte a pagamento, dai 2.50 ai 3 euro. Ma c’è anche la possibilità di visitarne quattro al prezzo di 6 euro, un risparmio notevole di cui non abbiamo usufruito per protesta “noi nella casa di nostro Padre vogliamo essere accolti gratis”.

Una delle cose che abbiamo volentieri pagato è stato invece il cibo. Mangiare davanti all’Arena è da vip per due studentesse, 10 euro per un trancio di margherita e coca-cola. Ma come da prassi è negli angoli più reconditi della città, nei posti conosciuti dai pochi del posto che si assapora il cibo migliore. Avevamo bisogno di un uomo di fiducia, veronese da sette generazioni e noi quell’uomo ce lo avevamo, Zeffirino. Lo abbiamo lisciato un po’ ammetto, ma solo per trovare una buona trattoria e per evitare il salasso di cui sopra.

Bollito e pearà, cotechino, polenta, cipolle e fegatini, tagliolini con fegatini in brodo, non c’è stato neanche bisogno di chiedere a Berta di ripulire anche i miei piatti come fa di solito. A fine cena sembravano come usciti dalla lavastoviglie.

Salviamo il cibo della trattoria ma salviamo anche il buon Zeffirino che aldilà delle sue affermazioni colorite e la psoriasi da stress è un ottimo buongustaio e falegname in gamba (di tavolo), ci ha consigliato posti da urlo e insegnato un po’ di storia del legno con tanto di descrizione dei chiodi dell’800 alle 8 del mattino.

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