La strage di Lampedusa e le parole inutili, mentre il mare continua a inghiottire vite

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di Pierfrancesco Demilito

Un proverbio arabo dice: Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare da tre porte. Sull’arco della prima porta dovrebbe esserci scritto: “È vera?” Sulla seconda campeggiare la domanda: “È necessaria?” Sulla terza essere scolpita l’ultima richiesta: “È gentile?”. Saggi questi arabi.

Tra i nostri saggi, tra i nostri illustri pensatori, invece, dovremmo annoverare Camillo Langone. O meglio così vorrebbe “Il Foglio” che in più di un’occasione lascia allo scrittore lucano l’analisi di importanti vicende. Forse troppo importanti per Langone, che in occasione del rogo alla Città della Scienza di Napoli scrisse: “Dovevano bruciarla prima”. E questa volta, purtroppo, a Langone è stato affidato il racconto della tragedia di Lampedusa. Una lettura che in tanti avremmo evitato volentieri. In un articolo intitolato “La non indifferenza che uccide”, scrive: “Non li ho uccisi io che all’africano mendicante davanti al Conad non sgancio nemmeno i centesimi che mi danno fastidio in tasca, che all’asiatico ambulante che ogni sera in vineria tenta di piazzarmi una rosa non offro nemmeno uno sguardo”. Secondo Langone, i morti di Lampedusa sono stati uccisi da chi li ha illusi, da Letta che ha nominato ministro una congolese, oppure da Napolitano che in occasione di queste sciagure parla di “strage di innocenti”. Già, perché secondo il giornalista del Foglio, questi uomini e donne che arrivano dall’altro lato del Mediterraneo non sono degli innocenti ma degli invasori.

Langone evidentemente non conosce l’antico detto arabo e dimentica di fare la distinzione tra i migranti economici e i disperati. Quelle cinquecento vite ammassate su una carretta del mare non venivano in Italia per cercare un buon lavoro, una vita migliore. Cercavano semplicemente una vita. Scappano dal Corno d’Africa, dalla guerra, dalla violenza, dagli stupri. Queste persone non hanno idea di chi sia Letta, la Kyenge, Napolitano, vengono qui perché non hanno alternative e continueranno a venire sempre, con la legge Bossi-Fini o senza. Chiudere ancora di più le nostre frontiere non eviterà i viaggi della disperazione, semplicemente aumenterà i rischi a cui queste persone si sottoporranno pur di fuggire dal loro quotidiano fatto di dolore. Più trasformeremo l’Europa in una fortezza invalicabile, più persone moriranno nel tentativo di accedervi.

Perché se è vero che “le parole sono importanti”, lo sono anche i numeri. E i numeri di questa vicenda sono tristi, assumono i connotati della tragedia.

Secondo i dati raccolti dal Fortress Europe, blog di Gabriele Del Grande che da sei anni mantiene il conto delle persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa, dal 1988 ad oggi sono morte quasi 20 mila persone. Solo nel 2011 le vittime sono state 2.352 e il dato reale potrebbe essere molto più grande. Nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non abbiamo mai avuto notizia.

A fronte di questi numeri, con cento corpi ancora incagliati in un barcone in fondo al mare ad un miglio e mezzo da Lampedusa, tanti politici italiani si sono affrettati a chiedere l’aiuto dell’Europa. E in fondo non si può dire che  abbiano tutti i torti, Lampedusa rappresenta per queste persone la porta dell’Europa e non semplicemente dell’Italia e l’Unione non può e non deve comportarsi pilatescamente. Ma anche noi abbiamo le nostre colpe. La legge Bossi-Fini è una legge inumana che oltre a prevedere i respingimenti in mare, introduce nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina. Ma la cosa peggiore di questa legge è che prevede una sanzione per chi tenta di aiutare i migranti alla deriva nel Mediterraneo, i pescatori. L’articolo 11 della Bossi-Fini, infatti, recita: “chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona.”

Prima di addossare responsabilità all’Europa, dunque, sarebbe meglio dotarsi di una migliore legge sull’immigrazione. E se è vero, come è vero, che l’Europa deve impegnarsi di più sul fronte dell’immigrazione (e non solo), sarebbe meglio mandare a Bruxelles politici migliori e non semplicemente i “trombati” della politica nostrana. Attualmente tra i nostri parlamentari europei possiamo “vantare”: Magdi Cristiano Allam, Mario Borghezio, Ciriaco De Mita, Elisabetta Gardini, Clemente Mastella, l’ex soubrette Barbara Matera, David Sassoli e Iva Zanicchi, quella di Ok il prezzo è giusto. Davvero ci meravigliamo se l’Europa si dimentica dei problemi che riguardano l’Italia?

Speriamo, però, che questa volta da Bruxelles arrivi un intervento serio, concreto, rapido. Se non vogliono farlo per noi italiani lo facciano almeno per queste persone che, vittime della disperazione, stanno trasformando il Mediterraneo in un cimitero.

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One thought on “La strage di Lampedusa e le parole inutili, mentre il mare continua a inghiottire vite

  1. Caro Pierfrancesco, splendido articolo complimenti per la raffinatezza delle parole , i tratti commuoventi e le tristi e crude realtà italiane. La morte di queste 300 persone madri , bimbi, padri e fratelli di qualcuno, disperati ed in fuga ha colpito molto anche me. Un abbraccio Germana Pavone

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