La storia di Uma, la bambina tenace oltre la sindrome sconosciuta

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di Lucia Varasano

Per quanto la ricerca faccia passi da gigante non è un’ impresa semplice riuscire a diagnosticare una malattia rara soprattutto se gli individui affetti sono per la maggior parte bambini. Una mamma ad esempio può sentirsi archiviare il caso dell’ipotonia muscolare e il rallentamento dello sviluppo motorio e cognitivo del suo bambino come un generale “ritardo psicomotorio” e scoprire invece che si tratta di una sindrome ben più complessa e sottodiagnosticata.

E’ la storia di Stella ed Edoardo e della loro piccola Uma, una bambina romana di tre anni affetta da Sindrome di Phelan- Mc Dermid, una malattia genetica rara causata dalla delezione della porzione terminale (q13) di un cromosoma 22 (delezione 22q13) e che comporta la perdita di una copia del gene SHANK3, chiave per lo sviluppo del sistema nervoso umano.

I bambini colpiti dalla sindrome presentano alcune caratteristiche specifiche del volto, come la testa di forma allungata, spesso hanno bellissime ciglia lunghe e folte, gonfiore intorno agli occhi e alle guance, orecchie grandi, mani carnose, le loro unghie sono spesso poco sviluppate, tuttavia i sintomi clinici possono essere estremamente variabili. Regrediscono nella capacità di comunicare, imparano a sedersi più tardi, possono manifestare comportamenti autistici e disturbi del sonno, sono spesso agitati o iperattivi oppure manifestano problemi di attaccamento emotivo. In alcuni casi manifestano crisi epilettiche.

Gli esami di routine in fase di gravidanza non avevano segnalato alcuna anomalia, poi la nascita della piccola Uma, lo scarso tono muscolare, i problemi di deglutizione dovuti all’ ipotonia mandibolare e la scoperta di una ciste a livello cerebrale. Stella ed Edoardo non del tutto convinti dalla diagnosi dei medici che classificavano i sintomi come “ritardo psicomotorio” hanno interpellato internet e proprio grazie alla potenza aggregante del network per la prima volta hanno sentito parlare di “Phelan-McDermid”(dal nome da ricercatori Katy Phelan e Heather McDermid. Phelan è colei che nel 1988 ha identificato la prima delezione cromosomica 22q13 in un neonato che soffriva di scarso tono muscolare) e dell’ array-CGH (ibridazione comparativa del genoma basata su array) che oggi rappresenta il test genetico appropriato per diagnosticare la suddetta Sindrome.

Referto genetico alla mano hanno familiarizzato con i termini più astrusi “ microdelezione cromosomica”, “delezione 22q13”, “SHANK3”, “cromosoma ring” fino ad entrare in contatto con la biologa Dott.ssa Maria Clara Bonaglia. Contemporaneamente al caso di Uma e a quello di Veronica, dal 2012 i primi casi di Sindrome di Phelan-McDermid diagnosticati in Italia cominciano a confluire in un punto nevralgico, a riunirsi sotto un unico nome A.I.SPHEM (l’Associazione Italiana per la Sindrome di Phelan-McDermid ONLUS) e sotto ad un unico tetto, l’Istituto Scientifico Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco). Nata ufficialmente nell’aprile 2012, l’ A.I.SPHEM fondata dalla Dott.ssa Maria Clara Bonaglia e da Vera Tamantini ( mamma di Veronica Presidente dell’associazione) è un punto di riferimento per i genitori dei bambini affetti dalla sindrome, ma anche per gli operatori socio-sanitari, e promuove la ricerca scientifica sui meccanismi genetici alla base dei diversi sintomi clinici individuando terapie efficaci per curarli.

Uma ha tre anni, a causa delle malformazioni dovrebbe passare le sue giornate allettata ed invece è una bambina tenace che solo poco tempo fa è riuscita a stare in piedi per la prima volta con l’aiuto di mamma e papà, di alcuni tutori, della terapista. Tre volte alla settimana è all’ Istituto Santa Lucia, di Roma, specializzato nella riabilitazione neuromotoria, a cui si aggiungono 3 ore di psicomotricità, 2 ore di logopedia 3 volte a settimana, una volta all’anno incontra a Lecco l’equipe della Dott.ssa Bonaglia per monitorare l’evoluzione del quadro clinico, “è una bambina che ha un continuo bisogno di stimoli-ci dice Stella– più è stimolata più va avanti, più è lasciata stare più regredisce”Oggi ha una nuova ciste cerebrale posteriormente al mesencefalo, non si conoscono l’evoluzione e la storia naturale della sindrome, ecco perché ci dice Stella “è vitale far conoscere la sindrome, dare inizio ad una profonda campagna di sensibilizzazione, noi abbiamo donato il 5Xmille, acquistato le magliette, un piccolo contributo per sostenere la ricerca scientifica, ma non è abbastanza”.

E mentre Stella lancia il suo messaggio di speranza, penso che le sue parole abbiano lo stesso grido lanciato a caratteri cubitali su   orphanet ( portale sulle malattie rare e dei farmaci orfani)  perché “Nessuna malattia è così rara da non meritare attenzione”.

 

 Approfondisci al link Sindrome di Phelan-McDermid. L’intervista alla biologa ricercatrice Dott.ssa Maria Clara Bonaglia

 

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One thought on “La storia di Uma, la bambina tenace oltre la sindrome sconosciuta

  1. Che dirti, Lucia? E’ un’altra di quelle storie, che giustamente devono essere conosciute ma che non si sa come saranno risolte. Verò è che l’attenzione dell’opinione pubblica deve sempre essere tenuta sveglia ma, purtroppo, sappiamo anche che i “colossi farmaceutici” si tengono ben lontani da investire in ricerche su malattie che hanno una scarsa diffusione. Anzi i malevoli pensano che i produttori di medicinali aspettano che la malattia si estenda e soltanto allora mettono in commercio l’antidoto o iniziano a studiarlo.

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