Dai partiti alla partecipazione civica, la forza riformatrice della cittadinanza attiva

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di Elena Angiargiu

Per trenta anni i partiti hanno provato a cambiare la Costituzione, ma le sole riforme le hanno fatte i cittadini attivi che, da 25 anni a questa parte, stanno lavorando per trasformare la nostra democrazia pur agendo nel rispetto della Costituzione”. È quanto sostiene Giuseppe Cotturri nel suo saggio La forza riformatrice della cittadinanza attiva, presentato a Roma il 25 giugno scorso nell’ambito di un ciclo di confronti promosso da Cittadinanzattiva in collaborazione con il Forum nazionale del Terzo Settore.

Cittadinanza, beni comuni e Terzo Settore – Il ruolo della cittadinanza attiva come nuovo attore dell’architettura istituzionale è stato sottolineato in apertura da Antonio Gaudioso, Segretario generale di Cittadinanzattiva, che ha moderato l’incontro introducendo gli interventi degli ospiti. Tra questi, Franco Cassano, sociologo fondatore di “Città Plurale” e tra gli ispiratori della Primavera barese e pugliese che, partendo dal suo impegno associazionistico, ha evidenziato gli elementi costanti del saggio di Cotturri, partecipazione e cura del bene comune, che la cittadinanza, intercettando nuove forme di rappresentanza, deve perseguire ricercando un equilibrio tra “partenti” e “partiti”, presente dell’entusiasmo e passato dell’esperienza e riuscendo, oltre la mera contestazione, “a far circolare i saperi nella discussione pubblica, a metterli a disposizione della città, per aumentare la sua capacità di governarsi”, risposte che possono venire solo l’homo civicus, come spiega in una sua opera sulla ragionevole follia dei beni comuni.

A sottolineare l’attualità del libro per chi opera nel non profit è Raffaella Milano, direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children, a proposito della forza riformatrice della cittadinanza attiva che può fare la differenza nella lotta alla povertà, combinando azione civica e responsabilità istituzionale, con iniziative a sostegno di quei 720 mila minori che in Italia vivono in condizione di povertà assoluta. Altro esempio di portata riformatrice è il servizio civile, strumento che andrebbe maggiormente valorizzato e che può funzionare come catalizzatore di risorse. Ma le buone pratiche di cittadinanza, insieme “istinto di sopravvivenza e umanità”, avverte l’esponente dell’associazione, faticano ad emergere a causa della crisi e del collasso del welfare. Tema che interessa direttamente il Terzo Settore perché porta ad interrogarsi sulla possibilità che un “welfare fai da te” possa innescare processi di cambiamento, passando “dalla testimonianza alla costruzione di politiche pubbliche”, dove l’azione civica rappresenta, di fatto, una reazione al disimpegno istituzionale.

Movimenti, democrazia e beni comuni – Ricollegandosi al tema dell’impegno civico come strumento per “perimetrare” il welfare, Pietro Barbieri, portavoce Forum nazionale del Terzo Settore, ha evidenziato il divario tra Italia ed altri Paesi europei sul terreno delle politiche pubbliche, invitando a trovare una declinazione teorico-pratica all’universalità dei diritti ed alla cittadinanza, che deve cercare un’indipendenza dalle istituzioni. Se Barbieri ha posto l’accento sulla dualità dei movimenti, il prof. Stefano Rodotà ha parlato di democrazia duale, che si dispiega nel rapporto tra istituzioni della rappresentanza e istituzioni civiche della cittadinanza, citando il caso dei Movimenti per l’Acqua, iniziativa a tutela dei beni comuni che ha visto nella partecipazione quotidiana dei cittadini, oltre la conoscenza in rete, la vicinanza di una comunità ad un problema, sulla base del “dispositivo di cambiamento” introdotto dalla riforma costituzionale del 2001. A partire dal principio della sussidiarietà (articolo 118 Cost., 4° comma) di cui Giuseppe Cotturri, ex presidente di Cittadinanzattiva è stato tra i promotori, l’autore ha ribadito come tale principio rappresenti un riconoscimento tardivo e necessario del fatto che i grandi progetti sociali avvengono grazie all’intervento dei cittadini, invitando la politica, incapace di imprimere accelerazioni, a guardare al cittadino come “alleato potenziale” nel perseguimento dell’interesse generale.

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